Registrati ai servizi APP IO e ricevi tutti gli aggiornamenti dall'ente
APP IO
Home Page » Documentazione » Notizie dal Comune » lettura Notizie e Comunicati

Notizie dal Comune

AMARCORD TIFERNATE - LA RUBRICA DI DINO MARINELLI: "LA STRAGE DEI FUCCI" - DEL VENERDI SANTO"
amacord tifernate
27.03.2018 -

“A ricordare la Famiglia Fucci rimane poca cosa. Una volta erano stati potenti; forse troppo. Ma a noi sono giunte poche testimonianze di questa potenza: una via, quella che porta alle vecchie carceri, e un palazzo,smembrato in tanti piccoli appartamenti, teatro della nostra storia, Ma, come abbiamo detto sopra, nei secoli scorsi e per tanto tempo il nome dei Fucci ha fatto il buono e il cattivo tempo a Città di Castello. L’apice del potere fu raggiunto attorno alla metà del ‘400. Ma, come per tutte le cose di questo mondo, anche per l potente casato dei Fucci venne il giorno, anzi la notte, della resa dei conti. La notte dei lunghi coltelli. Ci pensarono i Vitelli. Questi erano diventati dopo i Fucci, la famiglia più potente della città e intendevano diventare la prima. Vediamo come ci riuscirono. Tutto cominciò la notte del  Venerdì  Santo dell’otto Aprile 1468, alle dieci di sera. La processione del Cristo Morto era terminata.  Ricondotta in Duomo la statua del Redentore legato alla colonna, ripiegati i tanti stendardi delle confraternite, i Tifernati andarono a dormire. Era un a notte intrisa di luna e profumo di biancospino. Ma non tutti dormirono quella notte. In piedi e ben sveglio era Niccolò Vitelli che assieme ai suoi fedelissimi,  Ser Guido,  Ser Matteo e  Ser Selimbeni, si apprestava a dare ai Fucci “una dura lezione”.  Con loro c’erano una trentina di uomini disposti a tutto, armati di spade di odio.  Prima di passare all’azione Niccolò Vitelli  volle ripetere ancora una volto il piano elaborato: alcuni suoi uomini avrebbero dato fuoco ad una sua abitazione poco distante dalla piazza  “Piazza di Sotto” accusando di ciò i Fucci. Così si sarebbe potuta attuare la vendetta “uccidere senza risparmio alcuno” il maggior numero di appartenenti alla famiglia rivale. Nessuno doveva essere risparmiato. Il via alla carneficina stava per iniziare. Nere ombre, allungate dalla luna, sgusciarono nei vecchi vicoli di pietra.  Quel Venerdì Santo il Golgota era più vicino. All’improvviso, lunghe lingue di fuoco scaturirono dalla finestra della casa incendiata. La città si svegliò piena di sgomento e paura. Tutti corsero fuori: meno i Fucci che, presagendo fosse una trappola, rimasero chiusi in casa. Qualche cosa stava inceppandosi nell’accurato piano del Marchese Vitelli. Con rapida decisione corse con i suoi uomini alla casa avversaria. Sfondarono il portone, a capo della scalinata furono passati a fil di spada due vecchi domestici. Strapparono le donne dal letto e le decapitarono . Non furono salvati né vecchi né bambini. Alcuni partigiani dei Fucci cercarono la salvezza nella fuga. Niccolò scoprì il rifugio e ventidue persone morirono bruciate. C’è una storia che fino a poco tempo fa veniva raccontata nelle lunghe veglie invernali, la quale narra che quella notte del venerdì Santo una donna dei Fucci riuscì a mettersi  in salvo assieme al figlioletto. La donna si tenne nascosta per molto tempo, poi stremata e denutrita si presentò a Niccolò Vitelli implorando clemenza. La sventurata madre non vide calare la spada sul capo del figlio. Sentì il suo sangue scaldarle il petto e capì. La giovane donna, impazzita dal dolore venne rinchiusa in un tetro castello poco lontano dalla città. Visse ancora per  pochi mesi . La leggenda vuole che per molti anni, dopo la sua morte, nelle oscure notti, gli abitanti del luogo vedessero apparire la bianca ombra di lei dietro le inferriate delle finestre,mentre una voce invocava il figlio.”

 


Condividi

Eventi correlati